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ARTICOLO TRATTO  DA "IL CITTADINO" DEL  15/01/2011 - In collina si “brinda” con le polemiche


San Colombanon I dubbi sulla qualità erano nati dal numero di bottiglie vendute rispetto alla superficie coltivata
In collina si “brinda” con le polemiche
Il Consorzio vini doc respinge le insinuazioni sulla produzione
 


San Colombano Il Consorzio San Colombano doc dà i numeri per difendere la denominazione d’origine da insinuazioni e dubbi sulle quantità prodotte in collina. La polemica di fine anno è stata innescata da alcuni clienti della Rassegna gastronomica lodigiana che hanno pubblicamente esternato i dubbi che da anni si trascinano, non senza qualche pregiudizio di ordine territoriale, nei confronti della denominazione d’origine banina, conquistata nel 1984. Come risulta dagli albi della regione Lombardia e della Camera di commercio di Milano, la superficie dichiarata come coltivata a vite e sottoposta al disciplinare doc a San Colombano, Miradolo Terme e Graffignana è di 151 ettari. La produzione di uva doc nella vendemmia 2009 è stata di 6mila 395 quintali da cui si potrebbero ricavare 4mila 476 ettolitri, circa 596mila bottiglie classiche da 0,75 litri. Nel 2010, tuttavia, sono state confezionate circa 340mila bottiglie da 0,75, con poche magnum da 1,5 litri, per 2mila 700 ettolitri circa. Dieci anni fa, nel 2000, le superfici vitate a doc erano un poco superiori, 170 ettari sui 320 totali coltivati a vite in collina, ma la produzione in quintali era minore, 5 mila 200 quintali. Tuttavia, le bottiglie doc erano commercializzate in maggior numero, 700mila circa. Nei dati di produzione e commercializzazione del 2009 e 2010 si vede dunque la crisi di questi ultimi anni del mercato del vino, che consiglia di limitare le produzioni o di spostare le uve su prodotti non doc, di commercializzazione più semplice o alle riserve con maggior invecchiamento. «A mio avviso le domande poste dai clienti sono del tutto legittime ed è giusto dare una risposta precisa perché i consumatori hanno diritto a essere bene informati - spiega Diego Bassi, presidente del Consorzio doc -. Secondo alcuni la questione è stata posta con malizia, per colpire San Colombano. Io preferisco credere che chi non conosce la collina, il disciplinare doc e le nostre cantine, possa anche non sapere quanta produzione c’è». Una produzione che in alcuni casi viene distolta dal doc a favore di altre produzioni proprio per non immettere in mercato troppe bottiglie a denominazione d’origine controllata, come fanno diverse cantine vitivinicole. Ogni azienda ha vini doc, vini Igt e vini non doc, e destina a ciascuna di queste produzioni le quantità di uve che ritiene adatte in base alle proprie esigenze di mercato. «Il Consorzio non è garante di tutto quello che c’è in giro e porta l’etichetta San Colombano doc, perché il suo compito è diverso - continua Bassi -. Tuttavia, tutto quello che viene fatto dalle nostre aziende è regolamentato da un disciplinare preciso e certificato da controlli di enti superiori. Personalmente, sono convinto che se i dubbiosi venissero a visitare le nostre cantine, quasi sempre aperte la domenica, si toglierebbero tutte le perplessità».Andrea Bagatta


 


 

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